La pornografia ultimamente viene rielaborata dalle femmine che radono al suolo e reinterpretano in maniera dissacrante i tanti cliché tradizionali che i maschi hanno messo là come totem. È anche un modo per sopravvivere: mi hanno inquinato l’immaginario?
Benissimo, allora io ho bisogno di reinventarlo. Agnese credo che faccia anche un po’ questo ed io lo apprezzo tantissimo, le sono riconoscente perché per una femmina questo libro è pieno di riscatto, ma credo che lo sia anche per i maschi aperti ed evoluti che sono contenti che la pornografia venga finalmente rifondata e uccisa nella sua atroce buzzurrìa.
È un libro che scorre bene, che va liscio come l’olio, che si fa leggere senza indugio, è una scrittura avvincente, brillante e frizzante. A volte sprofondiamo solenni in lande oscure e malumori; poi però c’è tanta ironia: la risata è assicurata, è sottile e richiede intelligenza.
Comunque è una scrittura a tutto tondo che va al di là della letteratura erotica o pornografica in senso stretto (e questa etichetta a questo libro probabilmente gli sta stretta): è una scrittura che abbraccia tanta parte del vissuto quotidiano.
Si parla della solitudine, della coppia, dell’alienazione, della noia, ma anche dell’amore e della rivincita, spesso sono proprio storie di conquista, sia di un oggetto del desiderio che della propria integrità. C’è una grande introspezione.
Agnese sperimenta, esplora l’io, il testo accade mentre viene scritto: spesso non si tratta di raccontare propriamente ma di andare avanti e vedere che risvolti la fantasia riesce ad offrire, lasciando libera la mente davanti al foglio.
È sperimentale, intanto perché questa cosa dell’accadere senza una rigida prospettiva è apertamente denunciata (vedi “Una storia in cui tutto va bene”). È sperimentale perché è a tratti, buca la pagina e fa cucù, è un serpente che ricerca la sua coda; muta improvvisamente in racconto dell’orrore, poi torna all’introspezione gaia, passa attraverso la cronaca cinica, spruzza in orgasmi linguistici, ha tanti registri diversi che sono comunque tutti accomunati da uno stile ben distinto e maturo.
Voglio elogiare la maestria di Agnese che sa usare bene il suo potente pennello: ci descrive contesti, rapporti e personaggi bizzarri, assurdi, immaginari ma anche a tratti verosimili (ci sono verginelle, vampiri, trogloditi, ma anche persone come noi, anime peregrine contemporanee, gente comune), intimità profonde e apocalittiche, ci descrive tutte queste cose con naturalezza e semplicità, ma lo fa anche allo stesso tempo in modo prezioso e raffinato.
Solo raramente c’è qualche piccola forzatura, direi, ecco per esempio forse ci sono due o tre cazzi, fiche e culi di troppo, però va detto che invece in generale l’uso delle volgarità e delle parolacce è ben bilanciato da una poesia che sa volare alto, frasi sublimi, soprattutto là dove descrivono proprio l’amplesso, l’unione, la disunione, la violenza anche, comunque il cuore dell’atto sessuale (sembra infatti che parlare in modo poetico del sesso appartenga più alla femmina che al maschio).
E poi c’è questa fantasia fervida che è come una grande bestia a forma cangiante di fontana che sgorga e si sprigiona e si diffonde sempre con molta abbondanza, c’è una dimensione onirica potentissima che è sempre stata una nota importante in Agnese, grande sognatrice.
Probabilmente del substrato di questi testi si può dire con la solita vecchia (cara) frase: desidero dunque sono, che poi si risolve e si trasforma in: faccio sesso dunque sono, che è una filosofia prospettica sulle cose che, tra l’altro, non è neanche così rara nella vita di tutti i giorni, semmai – quello sì – è nascosta, ma anzi forse in fondo è proprio la chiave di tutti noi umani contemporanei che abbiamo perduto un rapporto naturale con il corpo e che cerchiamo di riagganciarci ad esso disperatamente, ed è proprio qui che il sesso, quando si libera, diventa naturalmente morboso, contorto e pieno di grida e sussurri dannati e virginali come nei racconti di Agnese, ma è proprio qui però, attenzione, che soprattutto il sesso diventa un gioco, più o meno innocente e più o meno divertente, come in questi racconti, tante partite di un gioco che qualche volta ci può far vincere un lieto fine, mai banale, che di questi tempi ci fa puro piacere.
21-12-2011
Laura Cingolani, poetessa e scrittrice
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Laura Cingolani, poetessa e scrittrice, vive a Roma, ha pubblicato nel 2006 nell’antologia poetica “Fuori dal Cielo” (Roma 2006, ed. Empiria) e nell’antologia di saggi femministi: “A Megaphone: Some Enactments, Some Numbers, and Some Essays about the Continued Usefulness of Crotchless-pants-and-a-machine-gun Feminism”, edited by Juliana Spahr and Stephanie Young (Chainlinks, 2011)