Inviolatella: una storia vera

(Pubblicato sulla rivista “Gomorra, territori e culture della metropoli”, Meltemi ed.)

“Rintanarsi questo poi no con che legno ci scaldiamo di che cazzo ci SERVIAMO”
Laure, Il Sacro, 1903-1938

Ho 29 anni e mi chiamo Angela, abito in una zona della città che si chiama Consorzio Inviolatella, insieme a frotte di travestiti, transessuali e puttane. L’inviolatella è un colle, sulla cima ci sta il parchetto di pini spelacchiato e circondato da “garçonieres” e “desperate living” . Lungo le pendici del colle il panorama cambia e ci abitano tutti quelli che stanno a servizio nei quartieri più ricchi, cioè gli immigrati, una volta soprattutto filippini, ora polacchi, rumeni, moldavi, tutti dell’europa dell’est, chi fa il lavoro migliore sono gli idraulici perché qui c’é sempre bisogno di un idraulico visto che questa zona è caratterizzata da continue perdite d’acqua.

Nella casa dove abito io prima ci stava una famiglia di sei filippini, poi la casa è stata messa in vendita dalle banche per fallimento del proprietario, e io mi ci sono insediata essendo il proprietario mio zio carnale. Dal balcone si vede torreggiare il faro dell’azienda telefonica, é rosso e la notte si illumina, spesso emette nubi di fumo, che creano un paesaggio molto suggestivo, tra il gotico ottocentesco e l’apocalittico post-industriale. Tre svizzeri militanti femministi e ecologisti, che hanno dormito una volta da me, nonostante avessero digerito il mio lavoro, sono rimasti sconvolti dalla polluzione elettromagnetica del faro e dal fatto che qui nessuno dice niente in proposito. D’altronde di giorno la visione è meno apocalittica, l’Inviolatella è un luogo sereno, un agglomerato di grottini comunicanti come la casa dei Barbapapà al mare, costruita su misura per chi vive di continui barbatrucchi, mutando il suo corpo sociale da maschio a femmina, da femmina a maschio, da ingegnere a idraulico, da mamma a puttana e da puttana a coprofila. Mio zio (che pure lui ha vissuto qua negli anni ’70) mi dice sempre che bisogna salutare tutti perché si conoscono tutti, io però alla fine saluto solo i rumeni del piano di sopra e il portiere che si occupa dell’agglomerato dove sta la mia grotta e che mi porta sempre tutti gli avvisi postali per andare all’ufficio di Grottagrossa a ritirare i miei vaglia. è un importante rotella del mio lavoro il portiere Giuseppe perché se non mi potessi fidare di lui non saprei come riscuotere i miei pagamenti postali. D’altronde tutti hanno accesso alla mia casa e alla mia posta privata visto che non ci sono né portoni né citofoni né cassette postali integre, qui è tutto aperto e meno male che io sono disposta all’accoglienza visto che fa parte del mio lavoro. Per arrivare alla mia grotta si entra all’Inviolatella dalla porta di servizio, cioè non si sale sul colle dove campeggia il cartello “Consorzio Inviolatella” (appena dietro al supermercato), ma si continua invece lungo la strada fino a che non si vede una rampa di garage ripida e buia vicino ai cassonetti; in quel tunnel ogni tanto passano a guardarsi in giro i clienti in macchina specialmente nei giorni di festa come pasqua, pasquetta Santo Stefano o il natale di Roma, ma io, quando sono lì a piedi in mezzo alle locandine arabe, non do loro spago proprio per niente perché se sto li a piedi vuol dire che ho già staccato dal lavoro e che mi sono già fatta una bella traversata in autobus. Loro ci provano così, a fondo perduto, con le pance piene del pranzo festivo, mi seguono addirittura su per la salita attratti dall’odore di merda come mosche al miele. Dopo la curva del tunnel si intravede il faro rosso telecomunicazioni e in cima alla salita c’è casa mia nel primo di una serie di edifici arroccati come grottini. A prima vista sembrano le fondamenta di un palazzo in costruzione ma alcune gentili scalette che conducono ai piani superiori e un elegante mistura di cemento armato e mattonelline da bagno (che distinguono gli accessi alle scale dal nulla che le circonda) ci danno il segno non di una costruzione abbandonata ma di un edificio vivo e abitato. Questa è la porta di servizio dell’Inviolatella e capita spesso che qualche tassista o qualche cliente ingannevolmente attratto dal tunnel si smarrisca alla ricerca di un numero civico che invece campeggia dall’altra parte del colle, allora se sei un cliente ben nutrito puoi sbirciarmi dalla finestra mentre lavoro a casa, se invece continui a salire trovi scritto sul muro “FROCI=AIDS” (che è un servizio di scritte sul muro dell’Unità Sanitaria Locale Fuan, e serve ad informare i consumatori) e “BASTA CON I FROCI PER LE STRADE tutti a casa mia li voglio” (questo l’ho scritto io un giorno di pioggia che mi sentivo sola) Quest’estate un ruscello di acqua che scendeva lungo la rampa ha quasi eroso tutto l’asfalto e ha fatto due fossi grazie ai quali ho bucato due volte la ruota anteriore destra della macchina . Le condutture hanno almeno 40 anni di vita e non sono proprio nel loro splendore, a casa le sento parlare come uno stomaco certe volte la notte e certe volte invece è proprio l’idraulico del piano di sopra che fa rumore. Alla macchina ci ho quasi rinunciato, d’altronde non sempre uso la macchina per lavorare, anzi quasi mai visto che il mio lavoro si svolge specialmente dentro le case o in rete, il problema è solo che se per qualche commissione devo andare verso il centro non so mai se riuscirò a tornare indietro con i mezzi pubblici, l’ultima volta che l’ho fatto sono rimasta inchiodata al capolinea dell’ultimo autobus perché mentre eravamo tutti sopra (io, signorine filippine, signori dell’est, e signori molti neri) da circa venti minuti con l’anima in pace, sono arrivati i conduttori e hanno detto “questo non è più il 223” (staccando il numero dalla vettura) “questo non parte più”. Così siamo scesi tutti e abbiamo assistito impotenti allo smantellamento repentino della realtà davanti ai nostri occhi. Insomma io sono pure fortunata perché comunque lavoro grazie a Internet, per cui eccetto che per andare alla posta (o da qualche cliente) non è che mi devo muovere tanto, però tutte quelle che lavorano a servizio nelle case spesso devono andare lontano da questa zona, diciamo che se qui intorno nelle zone in di Roma Nord ci sono 100 case di ricche famiglie con le loro domestiche, qui all’Inviolatella di domestiche o domestici ce ne saranno il doppio, per cui tante di loro fanno avanti e indietro sui mezzi pubblici, la sera risalgono tutti a piedi su per la rampa mentre io sono nella mia tana a lavorare duro col telefono e col computer. Meno male che non esco molto perché quando esco mi capita spesso che la realtà mi si smantelli davanti agli occhi: mi perdo di tutto, dalle chiavi di casa, al portafoglio con tutti i documenti di identità, dagli indumenti agli occhiali da vista (mi manca 1.25). Mi sono chiesta pure se questo possa dipendere da un trauma che devo aver ricevuto nell’impatto con la vita, e che mi ha provocato qualche lesione. Perché io penso che sia normale, ma poi mi rendo conto che non è così per tutti. D’altronde so di essere sempre stata a questo modo, non ho avuto traumi nella crescita, non ho avuto mai un rapporto particolarmente conflittuale con l’accettazione di questa realtà e questo mondo, che di certo rifiuto, ma nel quale so galleggiare come gli stronzi, semplicemente smarrisco tutto: carte di identità o oggetti, e alla fine mi piace pure essere l’oggetto perduto, un oggetto rimosso come una memoria scaduta, perché sono io smarrita, un frammento alla deriva nell’universo. L’ultima volta sugli occhiali scuri graduati mi ci è passato sopra uno in bicicletta e adesso li uso ancora perché la montatura si è rotta ma le lenti no. Di solito porto sempre gli occhiali scuri, anche di notte, ma non a causa del mio lavoro, d’altronde lavoro soprattutto di giorno, in rete e in videocassetta non fa differenza la luce del sole, porto sempre gli occhiali scuri perché sono graduati per noi miopi, quelli normali da vista li ho già persi molte volte e non è che costino poco, così devo aspettare di vendere un bel pò di materiale via rete prima di ricomprarmeli, non è che il mio lavoro renda molto, sono meno di quindici euro per videocassetta, ma è meglio di niente. Sicuramente i miei vicini sanno che lavoro faccio, o se lo immaginano, ma non c’é’ nulla di male, la cosa strana è solo che non sono un uomo, perché qui in zona sono tutti uomini struccati durante il giorno e truccati la notte, al supermercato mi incantano perché hanno corpi invasivi, prominenti, grosse chiappe, sono alti, capelli lunghi tinti e lineamenti pronunciati, mi sento sempre una sgorbietta al loro confronto, forse è per questo che mi sono dovuta rimediare una nicchia di mercato tutta mia, la mia specialità sono coprofilia e coprofagia e lavoro specialmente via rete, ho iniziato con giochetti s_m via chat ed ora funziono abbastanza bene, incentivo il commercio elettronico e oggi sono andata allo sportello donna dell’ufficio pari opportunità perché voglio acquisire un bel corpo legale da nutrire con la merda, così all’ufficio postale non mi faranno più problemi, il soprannome che uso nei video è quello di Candida, perché eccita un pò tutti….Quando non sei un marcantonio di due metri con un bel culo e belle tette ti devi inventare qualcosa, così io me la gioco sul candore.
Oggi sono stata alla posta per prendere soldi dei vaglia, nelle videocassette che vendo mi faccio chiamare candida, perché eccita i clienti, così qualcuno si sbaglia e i vaglia me li fa a nome di candida, ma candida non esiste, é una persona inventata, e le impiegate della posta non sempre questo lo capiscono, vorrebbero che mandassi candida in persona a ritirare i soldi, un giorno dovrei farlo, dovrei mandare Lei, Candida, tutta ricoperta della sua merda, del clistere che le è appena stato fatto, con i calzettoni bianchi tirati su fino al polpaccio, nuda, con il buchetto del culo roseo grande come un bottoncino, i calzettini sporchi di merda beige, la bocca impastata di merda beige, si dovrei proprio mandare lei a ritirare i soldi, perché’ candida non ha documenti di identità, l’unica cosa che può valere, nel suo caso, è la prova diretta, mostrerei all’impiegata la videocassetta, poi i miei calzini e il mio intestino pulito, e le direi, vede? questa è candida, posso avere i miei 15euro ora? Una volta un anziano impiegato si è preso a cuore il mio caso, era sicuro che io non votassi berlusconi perché mi era arrivato un vaglia da un circolo di rifondazione comunista, chissà chi si è comprato le mie videocassette da lì, d’altronde io vendo i video via rete, ho un sito web con le immagini migliori, ma non le più belle, loro compilano una form con indirizzo e numero di copie che vogliono io gli mando una raccomandata con la cassetta da pagare prima di ritirarla e loro mi mandano il vaglia. Resta il problema di questa candida che non esiste, non è mia sorella, sebbene mi sia capitato anche di firmare Candida Trotta, che è il mio cognome, non sarebbe lo stesso se nel video mi chiamassi angela. ormai mi conoscono come candida, forse dovrei farmi cambiare il nome all’anagrafe. D’altronde questa Candida i soldi se li guadagna con i miei intestini, dunque qual’é il problema? Mi piace anche andare a battere in strada qualche volta, ma non guadagno molto, meno che con le videocassette, prendo solo 10euro per farmi venire in figa o in culo, mi metto la minigonna e la canottiera elastica, senza mutande e ogni tanto faccio vedere il pelo, uno dei miei clienti mi vorrebbe rasata, ma a me non va perché poi prude troppo quando ricrescono, i clienti si avvicinano, mi offrono un caffè e io salgo in macchina, alla fine mi danno sempre il cappuccino visto che la mia specialità è mangiare merda, che sia mia o degli altri. Non che la merda mi piaccia in modo particolare, ma mi fa campare, poi dopo ogni seduta di lavoro mi godo una bella doccia, certo alle volte le sedute durano a lungo, ci sono alcuni clienti a cui piace lasciarmi per 10 o 12 ore nuda e imbrattata della mia merda dentro la vasca da bagno, non so perché credo che gli dia sicurezza avere il potere di umiliare, anche se io non mi sento umiliata, è il mio lavoro, qualche volta mi fa addirittura piacere, di certo la merda addosso a lungo andare brucia e sciacquarsi è sempre un sollievo, se non fosse che sempre quest’estate ho avuto il miscelatore dell’acqua fredda e calda della doccia rotto per più di un mese, che potevo solo farmi la doccia o freddissima o caldissima, con il mio lavoro questa cosa era una scocciatura, anche se oramai mi ero abituata a subirla, perché quando torni a casa, impregnata di sudori altrui, e soprattutto di merda, che sia tua o di altri non conta, è fastidioso non potersi fare una doccia ben miscelata, poi una volta che alla fine mi ero abituata al contatto con l’acqua tutta gelida o tutta bollente, la soluzione è venuta dall’idraulico del piano di sopra Lui è un idraulico visto che qui all’inviolatella tra trans e puttane c’é’ sempre bisogno di idraulici che sblocchino la situazione, il nostro è stato un incontro strano, praticamente lui è lo stesso che sento grugnire la notte al piano di sopra sulla moglie, sono carini entrambi, sono rumeni e hanno una bella bambina, la prima volta che l’ho sentito ho creduto che l’uomo lupo fosse alla mia porta e ho avuto paura davvero. Poi due giorni dopo una bella infiltrazione d’acqua si era sparsa a macchia sul soffitto del mio bagnetto perché si era aperto un tubo nel loro bagno. Così lui, del quale non avevo mai visto il viso, mi è stato in casa per due giorni a mettere mano nelle intimità più profonde dei miei tubi, credo che la moglie fosse gelosa anche se io dissimulavo il più possibile l’eccitazione che mi davano le sue manone su i miei muri, e la sua aria remissiva e ingenua che strideva con la memoria di quei suoni animali notturni. E’ stato così bravo e ha ecceduto talmente nello zelo che è riuscito a miscelarmi come si deve l’acqua fredda e l’acqua calda della doccia, bastava togliere il calcare dal telefono. Nell’insieme sarei una troietta felice e smarrita se non fosse che amo un travestito misogino e stitico che non incontrerete mai in questa storia e se non fosse che i problemi alle poste si stavano intensificando Ero andata di nuovo alla posta ma questa volta non c’era modo di convincerli a darmi i soldi che mi spettavano, sulla cartolina c’era scritto destinario: Candida c/o A-Trotta, e sui 3 vaglia veri e propri c’era scritto solo Candida Trotta, la prima impiegata mi ha dato i vaglia, ma la seconda, quella allo sportello dei soldi no, non voleva in nessun modo: -C’è’ un problema qua–Si lo so- ho cercato di spiegarle
-Candida non esiste, è un soprannome, si sono sbagliati all’ufficio postale a scrivere il destinatarioCandida ero io, era il mio nome d’arte, ma lei non ci stava, secondo il regolamento doveva controllare i documenti, e nei miei non risultava da nessuna parte che io fossi Candida. Ho cercato di spiegarle che non avrebbe mai visto i documenti di Candida perché non era una persona esistente, ma niente da fare, improvvisamente quell’impiegata delle poste con il maglioncino di piume rosa che sembrava una gallinella, era diventata lo strenuo difensore dei diritti di questa povera signorina Candida Trotta, che sicuramente lei immaginava chiusa in qualche stanza, vessata da una famiglia crudele che si mangiava i soldi a lei destinati. Allora le ho mostrato tutte le raccomandate che avevo spedito, come fossero tutte a nome mio reale, Angela Trotta e di come mi tornasse indietro il pagamento a nome di Candida, -Signorina che ci faccio con queste ricevute, non provano nulla -Ma si, la signora Genereali, confrontando queste ricevute con il vaglia da riscuotere ha avuto la conferma legale che erano mie–Non voglio disturbare la Signora per 15euro-Ma sono mie, le devo prendere, la prego. (dovevo ancora fare la spesa al mercatino del mercoledì dove dei bei giovanotti benvestiti e rassicuranti raccoglievano firme su fogli marchiati Allenza Nazionale contro le antenne ripetitrici dei segnali dei cellulari, spesso gli suonava il telefono, ed era dalla sezione che li avvertivano delle ultime novità, un bellissimo cartello manufatto appeso da mesi sul muro di un obitorio con scritto a grandi lettere rosse A MORTE I PEDOFILI, era stato staccato, era rimasto solo il cartello accanto che approfondiva le tecniche di tortura del pedofilo catturato: castrazione, incaprettamento etc.) L’impiegata mi guardava di sbieco, poi si è alzata ed è andata a chiamare la signora Genereali, una donna intelligente costretta ad un impiego statale, le si leggeva nei modi e negli occhi che era una donna molto in gamba, ed erano anni che dava il meglio di sé dentro a quell’ufficio, tra carte e cartacce, io la rispettavo molto, più di una volta mi aveva aiutato a riscuotere le mie ventotto e tra noi passavano delle scintille d’intesa. Sapevo che la mente dell’impiegata gallina era intrisa di pensieri lubrici, ne ero certa, la vedevo mentre richiamava alla mente il cartello su Via Due Fronti, MORTE AI PEDOFILI, e mi vedeva brutalizzare questa Candida, forse mia sorellina, forse una bimba comprata chissà dove, e poi andare pulita pulita alla posta a riscuotere i soldi di questo sporco lavoro. Che il lavoro fosse sporco non era falso, ma io brutalizzavo solo la mia unica bambina, quella che vive nel mio culo e nella mia bocca, così quando è tornata con la signora Genereali, non vedeva l’ora di farmi quella domanda: -Ma lei che lavoro fa signorina?-Mi prostituisco e vendo i video delle mie performance, come facevano linda lovelace e bettie page, le grandi videoartiste del passato, ma mentre la specialità di linda era la zoofilia e quella di betty i feticismi, la mia peculiarità è la coprofilia, per cui nei miei film mangio merda o ne vengo ricoperta a secondo dei gusti del target, insomma faccio la prostituta, sono pronta a soddisfare qualunque richiesta dei clientiA quel punto una signora che stava ancora in coda, già sensibilizzata dal fatto che da un quarto d’ora bloccavo uno sportello prezioso, non ha retto le mie ultime affermazioni ed è sbottata risentita: -Ma signorina, ma cosa dice, qui non si fa prostituzione!-Si, ma comunque stanno lavorando per imparare a soddisfare ogni richiesta del cliente-Non e’ così forse? – chiesi rivolta alla signora Genereali con la quale sentivo che correva una reale intesa La Signora Genereali non si sbilanciò affatto, fece le sue scuse alla signora in fila e non prese le mie parti, io rimasi stupefatta, considerato che stavo solo dicendo le cose per quello che erano, non c’era motivo di doverle celare. -Mi dispiace – disse la signora Genereali rivolgendosi a me, -non lei non potrà più venire a ritirare i suoi vaglia da quindicieuro- -Ma come signora! se lei stessa ammette che i vaglia sono i miei! quale è il problema? -Lei non è gradita dalle nostre utenti Sconsolata sospirai guardandomi in giro senza perdere il mio posto allo sportello Le signore in fila erano sornione e soddisfatte, serpeggiava quel poco di nervosismo da fila, quanto basta per un Ufficio Postale, qua e là faceva capolino la testolina lucida di qualche adolescente, la signora che mi aveva parlato teneva in mano un foglio di carta sul quale leggevo -L’utente modello, come soddisfare ..- Alzai lo sguardo e sul muro campeggiava un avviso: -Corso da Utente, come diventare utensili modello e vedere soddisfatte tutte le richieste rivolte al vostro Ufficio Postale di zona- Ecco dunque una soluzione, avrei potuto fare come tutte le altre, mi rivolsi di nuovo risoluta verso la Signora Genereali: -Ebbene le chiedo comunque di darmi ancora una possibilità, faccia fare un corso da Utente a Candida, lei accetterà ogni tipo di procedura- La signora Genereali, toccata dalla mia richiesta, passò al TU -Sei sicura di volerlo fare?-Si, voglio imparare a comportarmi nel modo corretto, non mi nascondo dietro nessuna ipocrisia-Non so se potremmo farlo, non abbiamo più istruttori-Per favore!-E va bene seguimiLa signora Genereali mi condusse alle scale e scendemmo insieme. La scala della sala centrale dell’ufficio postale Roma Grottagrossa conduceva schiocciolandosi in un vasto antro oscuro, nell’ombra si scorgevano grossi pacchi, pedane e macchinari, non si sentivano rumori di facchini affaccendati, nonostante si trattasse del magazzino delle poste, non si avvertiva nulla eccetto una certa cupezza nell’atmosfera-La Signora Genereali chiamò e un uomo emerse dall’ombra; un uomo che stava già lì da tempo solo che io non lo avevo notato, era vestito con un camice grigio, aveva le mani sporche i capelli biondi e morbidi, gli occhi grandi e chiari, e un espressione triste sul viso, il suo viso tondo e regolare, non era più un viso giovane, tradiva i solchi di una lunga esperienza unita a rassegnazione e sapienza, era un uomo silenzioso e non proferì parola, la signora Genereali mi spinse in avanti e mi disse di parlargli:-Cosa devo dirgli?- sussurrai io -Forza, digli quello che sai fare-Ecco, io so andare agli sportelli delle poste- borbottai imbarazzata, e lui sembrò non interessarsi assolutamente nè a me nè a ciò che dicevo -Dai, Dai- mi spingeva la signora Genereali -Vuoi imparare si o no?-Ecco io lavoro, mi chiamo Candida- avevo sceso le scale del tutto, allora lui mi fece appoggiare ad una lama di balsa e improvvisamente mi colpì alle spalle, con tutto il suo corpo e tutto il suo peso, mi diede una spinta così forte che persi l’equilibrio e mi ritrovai schiacciata contro il muro mentre lui mi premeva il cazzo indurito sulle natiche, sentivo la sua bocca che mi alitava sul collo e nelle orecchie, sussurrava cose che non capivo, mi assicurò il laccio del casco intorno al collo e cominciò con una mano a frugarmi dentro le mutande, salendo su per la vagina, io stavo impazzendo, ora potevo capirlo e tra un fiato e l’altro mi diceva -Hai detto che vuoi imparare, devi essere pronta ad accettare ogni tipo di proceduraavevo paura ma impazzivo dal piacere a sentire le sue dita che mi tiravano fuori l’utero come fosse un cordone ombelicale o un filo di muco con le radici ben piantate nella carne. Non potevo guardarlo in faccia ma lo leggevo come un libro aperto e sentivo tutto il carico della sua sapienza e di come fosse faticoso per lui ritrovarsi di nuovo ad esercitare i suoi insegnamenti ora che si era ritirato nei sottofondi di questo ufficio postale cercando di essere solo un bravo magazziniere. Mi resi conto che probabilmente lui conosceva bene il contenuto delle mie cassette, per un attimo capii che lui mi doveva conoscere a fondo e capii quanto ancora ero immatura e quanto avevo da imparare nel mestiere della prostituzione, capii che non bastava avere qualche specializzazione, a lui nulla interessava delle mie qualità di coprofila, non erano altro che un aspetto di un sistema più vasto, che comprendeva la capacità di abbandonarsi a tutto, e sapevo di poter imparare di più, lui era l’unico, insieme alla signora Genereali, a sapere che quei soldi, quelle quindicieuro, erano le mie, ma per meritarmele, non avendo identità legale, sarei dovuta passare per le sue mani. Mi stava solo facendo un favore. Continuava a parlarmi e sentii che aveva un accento non italiano, piuttosto europa dell’est, forse era polacco o rumeno, forse era un ingegnere. Mi disse di andare in strada e aspettarlo li’ così, mezza nuda come ero. Mi misi dietro una macchina sul ciglio della strada in cima alla rampa e vidi arrivare una volante della polizia, mi avrebbero beccata, allora mi stesi per terra per non farmi vedere e li vidi fermarsi proprio davanti a casa mia. Chiamarono l’idraulico del piano di sopra e gli chiesero se ero in casa, lui rispose che erano giorni che non mi vedeva, allora entrarono con lui dentro casa mia, probabilmente per cercare Candida o le sue tracce, la bambina Candida come avevano immaginato l’impiegata la signora in fila e quei ragazzotti antipedofili. Si appostarono dietro le finestre per vedermi arrivare, io restavo nascosta e così accovacciata mi cresceva la voglia di farmi inculare insieme a uno stimolo urgente di cacare. Sfortunatamente l’ingegnere triste era lì con me, si tirò giù i pantaloni e mi penetrò con una mazza drittissima, stava lì a brache calate con le ginocchia lievemente piegate e spingeva spingeva, non riuscivo più a contenere lo stimolo, gli chiesi di uscire, lui continuò, dovevo liberare uno stronzo immenso. Fu allora che il poliziotto col binocolo ci vide: -Eccola, eccola, sta dietro la macchina, la stanno inculando!-E’ vero è vero- disse l’altro L’idraulico gridò:
-Scappa, scappa, stanno cercando la bambina!Ma io non potevo muovermi e la bambina abitava nel mio culo e nella mia bocca, l’avrebbero trovata di certo, era Candida, ma a quel punto non avrebbero potuto non darle i soldi che le spettavano. Arrivarono intorno a noi, qualcuno si eccitava, una signora osservava da lontano dicendo – guardate guardate quel magazziniere come la incula a sangue – -Poverina per lei è finitaNon reggevo più lo stronzo e gli dissi:-Esci per favore devo liberarmi-Mi spinsi in avanti e lui uscì fuori, provò a rientrare ma al secondo colpo non trovò il buco e un’esplosione di merda chiarissima si aprì come una fontana ridiscendendo proprio come una pioggia di merda. Io mi stupii molto del fatto che non ci fossero pezzi di plastica, ma mi stavo confondendo con un mio sogno, mi capita spesso quando la realtà sfalda. I poliziotti, l’idraulico, la signora non ebbero nulla da dire, ci osservarono silenziosi ricoperti di merda, e esterrefatti come tutti gli altri curiosi, non comprendevano l’entità del fatto, non ne coglievano le sottili risonanze nè le conseguenze o gli effetti e le cause concatenanti. Non sapevano più nulla di ciò che sarebbe loro successo dopo, era esploso un tuono e la pioggia avrebbe continuato a scrosciare, quello era il mio lavoro, non c’era niente da dire in proposito, se non che era evidente che Candida non era una persona reale e non aveva documenti di identità ma ero io che guadagnavo quelle quindicieuro con il mio lavoro. L’ingegnere rumeno mi disse sussurrandomi alle spalle:-Ti preoccupi troppo, mia cara, la tua parte è solo quella di un prodotto della società decomposta, un prodotto di prima qualità, lo sai bene. Vivila fino in fondo, servirai il futuro. affrettando la disgregazione della società. Resta nello schema che ti è caro, e poi, con i tuoi vizi – non ci sono molte donne a cui piace defecare così, puoi guadagnare molti soldi. Torna allo sportello di RomaGR e chiedi della signora Genereali-Ma devo rifare tutta la fila?Assolutamente si. Mi misi in fila, lessi il giornale, mi suonò il cellulare (e mi esplose nell’orecchio, troppe antenne, troppe radiazioni, avevano ragione quei ragazzotti gentili). Quando fu il mio turno venni spinta dalla fila allo sportello 19 dove una nuova signorina (la gallina era più in là al 23) andò quasi subito dopo la mia richiesta a chiamare la Genereali, era come una parolina magica, quando la nominavano tutti capivano che dovevo essere seria. E ritornò con 45euro cioè quindicipertre, non era molto ma potevo quasi ricomprarmi gli occhiali, sono miope, mi manca 1.25 , e ho solo un paio di occhiali scuri con la montatura rotta, forse per questo non ci ho visto per niente chiaro in tutta questa storia.

 

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